Padre Fondatore Mons. Olinto Fedi
PRESENTAZIONE
Olinto Fedi nacque a Signa il 3 ottobre 1841, quarto di otto figli.
I genitori, Antonio Fedi e Adelaide Masini, si preoccuparono della sua educazione e scelsero di mandarlo, a soli 13 anni, a scuola al collegio Eugeniano di Firenze dove studiavano anche coloro che desideravano farsi sacerdoti. A quel tempo le scuole più serie erano quelle del seminario.
Andando avanti nella formazione anche Lui si sentì chiamato al sacerdozio e continuò gli studi al seminario di Cestello in S. Frediano a Firenze.
Nel 1864 fu ordinato Sacerdote e inviato come Cappellano nella parrocchia di S. Mauro a Signa dove rimase per ben 59 anni.
Per dirvi chi era don Olinto Fedi prendo la testimonianza di un suo parrocchiano di San Mauro, signor Filiberto Vieri: “ Don Fedi è un santo! Non conosciuto all’esterno, operava nel silenzio e nell’umiltà ! Era di una carità veramente ammirevole, ma la sua carità la faceva molto silenziosamente; la sua era una carità spontanea che si prodigava per tutti senza distinzione.
Come Sacerdote potrei definire Mons. Fedi un Sacerdote completo, il vero Sacerdote nel senso genuino della parola. Una bella figura di mentalità aperta e, per quei tempi, veramente eccezionale.
Aveva maniere affabili e cortesi, ma al tempo stesso era di carattere fermo e deciso. Per noi tutti suoi parrocchiani fu veramente il Pastore che cura con sollecitudine e amore.
Credo che non vi sia stata famiglia che non sia ricorsa al Vicario per avere consiglio, aiuto, conforto. Quanti casi spinosi e penosi non ha risolto! Non si dava pace finché non aveva raggiunto il suo scopo: riportare la pace in una casa, trovare il lavoro per qualche disoccupato, aiutare in qualunque modo i suoi figlioli; andava dai malati, ma sempre con un po’ del suo buon vin santo.
E le ore che passava in confessionale? Quante anime ha diretto! Per confessare un malato che avesse desiderato confessarsi da Lui, sarebbe stato capace di fare venti chilometri a piedi. Ricordo che alla fine della novena di Natale, che faceva sempre con tanto fervore, regalava a noi chierichetti 50 lire in ricompensa del sacrificio che avevamo fatto nell’alzarsi presto ogni mattina.
Personalmente devo dire che ho trovato in Lui la guida saggia e paterna in molti casi della mia vita, specialmente nelle decisioni più importanti. Avevo in Lui una grande confidenza: i suoi consigli, ammonimenti e riprensioni mi furono di valido aiuto. Anche ora quando mi trovo in difficoltà, sono solito rivolgermi al “Vicario” e mi viene spontaneo dirgli: “ Ti ritenevo un Padre in vita, cerca di ottenermi da Dio quanto desidero.”
Ai Suoi funerali ci fu un gran concorso di popolo: credo che nelle case ci fossero rimaste solo le zanzare!
Durante il conflitto della guerra del 1915-1918 indisse continue preghiere al martire S. Severino che si venerava a S. Mauro. Istituì anche un ufficio informazioni per i soldati di guerra. Era Cappellano in quell’epoca don Giovanni Sarti che collaborò molto per l’assistenza ai militari. Finita la guerra si adoperò subito per la costruzione della cappella dei caduti di S. Mauro.
Viveva veramente una vita francescana, basi pensare che quando arrivò la corrente elettrica nel 1913, pensò ad illuminare la Chiesa con 700 lampade ma in canonica continuò ad usare la candela o il lume a petrolio. Attorno alla Parrocchia aveva una grande vigna con viti speciali e il vino ricavato lo chiamavano “il vin santo del Fedi,” tanto e vero che ogni volta che c’era un malato andavano a prenderlo non solo da S. Mauro ma anche dai paesi vicini: veniva usato come cura medicinale.”
Per la beneficenza era un continuo bussare alla sua porta, casi disperati non mancavano e il Vicario era sempre pronto ad aiutare e a soccorrere i bisognosi. Il Padre era famoso per la carità che faceva. Aveva istituito quattro borse di studio per i Seminaristi di Signa, del Piviere e a discrezione della Curia.
Ogni anno faceva il vin santo, e il primo, lo portava ai malati poveri della zona; correva voce che quel vin santo facesse guarire quelli che lo bevevano. Altra caratteristica fu la sua “saggezza” pastorale¸ per aiutare il beneficio parrocchiale non volle mai il titolo di parroco, infatti tutti lo chiamavano il “Vicario”. I Canonici lo chiamavano il “Pioniere” della zona di S. Mauro.
Da un’altra testimonianza di Don Alberto Testi di San Mauro: Ancora non esisteva la “Conferenza di S. Vincenzo” ma lui per assistere le famiglie bisognose, organizzò l’Associazione “Pane dei Poveri”.
In quell’epoca tutte le famiglie per qualunque dissidio ricorrevano a don Fedi come se fosse l’avvocato o il notaio. Era Sacerdote intelligente, colto, di massima precisione e puntualità.
Nell’anno 1876 don Olinto Fedi fondò la Congregazione delle Suore Francescane. Le prime tre giovani che si riunirono insieme furono Carolina Tarducci, Palmira Castellani e Barsene Giani tutte di S. Piero a Ponti e avevano lo scopo di pregare, lavorare e fare del bene. Don Olinto aveva scelto il terreno vicino alla Parrocchia di S.Mauro per costruire il Convento per le Suore, ma i proprietari si ostinarono a non cederlo e lui lo comprò a S.Piero a Ponti. Scrivere la storia della fondazione solo il Fedi lo saprebbe fare perché solo lui seppe i sacrifici che le costò. Quando cominciarono i lavori li dirigeva lui stesso come se fosse stato architetto.
Partiva da S. Mauro una o due volte al giorno, magari sotto il sole, riparandosi con l’ombrello e andava a S.Piero. Pensava a ordinare tutto: mattoni, calce, rena e tutto quello che occorreva per la costruzione.
Le prime Suore di S.Mauro dovevano istruirsi per maestre di Catechismo, di lavoro e maestre di scuola elementare. Il convento prese l’avvio nel 1890. Oltre le bambine di S.Piero, frequentarono anche quelle di S.Mauro sia l’Asilo che la scuola di lavoro e quella elementare.
Dopo il terremoto di Calabria fece ospitare delle bambine orfane e così sorse l’Orfanotrofio. Ogni giorno, dopo aver esercitato il suo ministero sacerdotale e recitato il breviario, si recava a far visita alle sue suore e alle sue orfanelle che l’accoglievano come il loro Padre. Dopo la visita le orfanelle lo riaccompagnavano a casa; sembrava proprio Gesù in mezzo ai fanciulli quando diceva “ lasciate che i pargoli vengano a me”.Non le lasciava se non aveva distribuito loro carezze e qualche dolce.
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